Il TAR, ha ritenuto illegittimo un regolamento di procedura nella parte in cui impediva la formulazione di una proposta di mediazione in caso di mancata adesione-partecipazione di una delle parti ovvero in caso di mancata richiesta congiunta delle parti.
Il TAR ha rimarcato la “funzione attiva e deflattiva della mediazione” – non limitata alla mera ricognizione delle attività delle parti – con la conferma di un onere del mediatore di formulazione di una proposta anche in assenza della concorde volontà delle parti.
L’interpretazione del TAR appare in linea con la Direttiva del Ministro della Giustizia del 5 novembre 2013 che ha sottolineato come il procedimento di mediazione debba costituire “un effettivo momento di composizione delle possibili future controversie giudiziarie“, dovendosi censurare quelle interpretazioni idonee a confinarlo in una mera condizione di procedibilità e in un “v uoto ed oneroso adempimento burocratico“.
Le parti comparse in mediazione risultano, infatti, titolari di uno specifico interesse – di natura c.d. strumentale – alla formulazione di una proposta conciliativa
La formulazione della proposta in presenza di una sola delle parti rappresenta, quindi, un chiaro indice della funzione pubblicistica – e non prettamente negoziale – dell’istituto della mediazione obbligatoria in materia civile e commerciale.
Appare utile ricordare come il Ministero della Giustizia, con circolare del 4 aprile 2011, avesse già avuto modo di chiarire, in ossequio al principio di effettività, l’onere dl mediatore di formulare una proposta di mediazione anche in presenza di una sola parte, potendo “ragionare” con l’unica parte presente nel procedimento: in tal caso, la stessa, potrebbe valutare un “ridimensionamento” – “variazione” – dell’originaria pretesa (eventualmente, nei termini proposti dal mediatore), da poter comunicare all’altra parte. Il partecipante al procedimento di mediazione potrebbe così valutare, in chiave prettamente deflattiva ed per mezzo della proposta del mediatore, una eventuale rimodulazione dell’originaria pretesa tale da salvaguardare l’interesse ad una chance di risoluzione pregiustiziale della lite.
L’azione giudiziaria risulterebbe preceduta da una valutazione del mediatore idonea a rappresentare una possibile soluzione di sintesi delle contrapposte posizioni e le parti – anche quella non comparsa nel procedimento – sarebbero sollecitate a compiere delle valutazioni sulla eventuale prosecuzione del contenzioso: di qui, l’onere del mediatore a conformare la sua attività ad un’ottica propulsiva ispirata ai canoni di efficacia ed effettività del procedimento. Subordinare l’attività di formulazione della proposta al mero contegno (“volontà”) delle parti finirebbe per sterilizzare il procedimento di mediazione anche rispetto alle sue finalità deflative.
La sentenza in commento risulta, infine, rispondente all’interesse dell’ordinamento a sanzionare – con una previsione sganciata dal merito delle posizioni giuridiche azionate – le condotte contrastanti con le esigenze deflattive: l’individuazione della parte che abbia coltivato un giudizio presuppone, come noto, un giudizio di sovrapponibilità (sindacato di conformità) tra il contenuto della proposta ed il provvedimento giurisdizionale di definizione della controversia.
Sentenza in allegato