Il futuro europero della Mediazione – da Mondo ADR

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da Redazione Mondo ADR

La Direttiva del 2008 sulla Mediazione è stata una pietra miliare per l’introduzione di leggi nazionali sulla mediazione in materia civile e commerciale in tutti gli Stati Membri dell’UE. Tuttavia, gli obiettivi enunciati nell’Art. 1 della Direttiva, di incoraggiare il ricorso alla mediazione e specialmente di garantire “un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario”, evidentemente non sono stati conseguiti. Questa ricerca, commissionata dal Dipartimento Tematico per i Diritti dei Cittadini e gli Affari Costituzionali su richiesta della Commissione JURI del Parlamento Europeo a Giuseppe De Palo e Leonardo D’Urso, esamina questa questione. Pur mancando statistiche omogenee, in quasi tutti gli Stati Membri la mediazione è usata in meno dell’1% dei casi in tribunale: per ogni mediazione ci sono cento casi decisi in un procedimento giudiziario. L’unica eccezione è il risultato del modello di sessione informativa sulla mediazione, obbligatoria, adottato in Italia per un numero limitato di cause civili, che sta emergendo quale buona prassi. Il legislatore UE dovrebbe considerare una revisione dell’Art. 5(2) della Direttiva, imponendo alle parti, in alcuni tipi di conflitti, di partecipate almeno ad una sessione di mediazione iniziale, in presenza di un mediatore qualificato. Questo tentativo di mediazione dovrebbe essere rapido e poco costoso. In alternativa, l’UE dovrebbe chiedere agli Stati Membri di usare la versione attuale dell’Art. 5(2) in modo più pieno, tenuto conto della natura della disputa.

La mediazione allevia la situazione di tribunali con un carico eccessivo di lavoro e migliora l’accesso dei cittadini alla giustizia aiutandoli a risolvere le loro dispute senza i costi enormi e la successione di processi e appelli che caratterizzano i procedimenti giudiziari. É stato anche dimostrato che i risparmi nell’UE per un numero crescente di mediazioni sarebbero notevoli. Lo scopo principale di questa nota è di analizzare se l’obiettivo della direttiva Mediazione del 2008. come enunciato nell’Art. 1, i.e. “un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario”, è stato conseguito.

Come punto di partenza della nostra analisi, riteniamo che ci sia un’evidente necessità, in primo luogo, di descrivere i principali modelli legislativi usati dagli Stati Membri nell’attuare la Direttiva Mediazione. Per esempio, le leggi nazionali e il discorso pubblico e accademico usano i termini generici “mediazione obbligatoria” e “mediazione volontaria” senza specificarne le diverse caratteristiche e applicazioni. Troppo spesso, il dibattito pubblico si è concentrato sulla scelta tra mediazione volontaria, contrapposta ad obbligatoria, con una conoscenza solo generica di questi due modelli. In effetti, abbiamo individuato quattro modelli diversi di mediazione che gli Stati Membri hanno adottato nell’attuare la Direttiva: mediazione totalmente volontaria; mediazione volontaria con incentivi e sanzioni; sessione iniziale di mediazione obbligatoria; mediazione totalmente obbligatoria. Questi quattro modelli sono stati applicati diversamente nell’UE, in diversi tipi di dispute. Un’analisi di questi quattro modelli, fondata sui loro effetti reali nel realizzare gli obiettivi principali della Direttiva Mediazione, dimostra che la sessione iniziale obbligatoria di informazione sulla mediazione combina gli elementi più efficaci di entrambi i modelli, quello volontario e quello obbligatorio.

Al fine di misurare l’efficacia dei diversi modelli di mediazione, è necessario considerare due indici: il numero di mediazioni in relazione al numero di casi decisi giudizialmente, e il tasso di successo della mediazione. Seguendo questo metodo, lo scopo degli autori è di misurare e visualizzare – in modo scientificamente e statisticamente serio – quanto gli Stati Membri siano lontani dal conseguire una relazione equilibrata tra mediazione e procedimento giudiziario, allo stesso tempo fornendo alla ricerca una metodologia utilizzabile quando saranno disponibili più dati. Al momento, solo l’Italia ha dei dati ufficiali sulla mediazione. Con i pochi dati a disposizione, la nota fa un tentativo di applicare i due indici anche alla Romania e alla Grecia. Utilizzando la metodologia proposta, è necessaria un’analisi ulteriore per esaminare la situazione negli altri Stati Membri e misurare con accuratezza il livello di conseguimento degli obiettivi della Direttiva Mediazione.

Non c’è dubbio che la direttiva del 2008 sulla mediazione è stata una pietra miliare nel movimento europeo sulla mediazione. Tuttavia, non c’è neppure dubbio, in base alla metodologia proposta, che gli obiettivi fondamentali della Direttiva restano ben lontani dall’essere conseguiti. L’intenzione dietro l’adozione della direttiva era di incoraggiare più persone e più imprese a utilizzare la mediazione e di garantire una relazione equilibrata tra mediazione e procedimento giudiziario. Otto anni e mezzo dopo l’adozione della direttiva, come confermato da tutte le statistiche disponibili, nella maggioranza degli Stati membri la mediazione è usata in media in meno dell’1% dei casi in corte: una mediazione ogni 100 casi in tribunale. L’unica eccezione è il risultato della sessione obbligatoria iniziale di mediazione usata in Italia in una piccola porzione di casi civili, che sta emergendo come buona prassi.

Sembrano esserci due opzioni principali per garantire una relazione equilibrata tra mediazione e procedimento giudiziario.

  • La prima e più efficace di queste opzioni sarebbe rafforzare l’Articolo 5(2) della Direttiva richiedendo, e non soltanto consentendo di richiedere, che le parti si sottopongano a una sessione iniziale di mediazione con un mediatore, come condizione per poter procedere giudizialmente in tutti i nuovi casi civili e commerciali, ivi incluse certe dispute di diritto della famiglia o del lavoro in cui i diritti delle parti sono pienamente disponibili. È stato dimostrato che ciò avrebbe un impatto significativo nel garantire una relazione equilibrata tra mediazione e procedimento giudiziario . Il caso Alassini[1], deciso dalla Corte di Giustizia, stabilisce delle linee guida chiare sugli elementi richiesti per l’ADR a livello EU.

L’Articolo 5(2) potrebbe essere modificato come segue:

“Gli Stati Membri devono assicurare che una sessione di mediazione sia integrata nel processo giudiziario per i casi civili e commerciali, eccetto per quei casi che, sulla base di una decisione degli Stati Membri, non sono adatti alla mediazione. I requisiti minimi di tale sessione di mediazione sono che le parti devono incontrarsi insieme ad un mediatore, soggetto alla condizione che la procedura dev’essere non vincolante e rapida, deve sospendere i termini decadenziali, e dev’essere gratuita o a un costo limitato qualora una delle parti decida di non proseguire all’esito della sessione iniziale.”

  • In alternativa, l’UE dovrebbe fare pressione su tutti gli Stati Membri affinché facciano uso dell’art. 5(2) nella sua versione attuale in modo più esteso.

In particolare, nella sua risoluzione sull’attuazione della direttiva, il Parlamento potrebbe chiedere alla Commissione di mandare una lettera a ciascun Governo dell’Unione chiedendo (a) di misurare la relazione equilibrata utilizzando gli indici proposti in questa nota e (b) di esaminare le ragioni per cui tale relazione equilibrata, che costituisce l’obiettivo della Direttiva, non è stata conseguita.

La mancata risposta, o il mancato conseguimento di una relazione equilibrata, potrebbe portare alla decisione se attivare una procedura di infrazione per mancato rispetto della Direttiva.

Nel Dicembre 2014, nel suo messaggio alla conferenza organizzata da EUROCHAMBRES su “Mediazione e crescita”, la Commissaria Jourová ha definito “impressionanti” i risultati dello studio su “Rilanciare la direttiva mediazione” preparato per il Parlamento Europeo. In particolare, si è concentrata sulla differenza impressionante, in termini di tempi e costi medi, tra la mediazione e il procedimento giudiziario. Tutto sembra indicare che una ricerca economica approfondita non potrebbe che confermare che garantire una relazione equilibrata tra mediazione e procedimento giudiziario potrebbe far risparmiare miliardi di euro e milioni di giornate di sedute giudiziarie non necessarie, ogni anno.

Le proposte presentate in questa nota sembrano in linea con quelle dei rapporti degli esperti della Commissione. Questo apparente consenso, e lo straordinario potenziale di un semplice requisito di uno sforzo ragionevole per mediare, evidenziano la necessità per le istituzioni UE di agire sulla base delle raccomandazioni, e di far agire gli Stati Membri. Se lo faranno, fra un anno, l’Unione potrebbe già iniziare a contare, e celebrare, i vantaggi sociali e finanziari di un uso più ampio della mediazione.

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[1] Il 18 marzo 2010, nei casi riuniti Rosalba Alassini and Others (C-317/08 and C-320/08) la Corte di Giustizia ha concluso che la condizione, prevista dalla legislazione italiana, di dar corso a una procedura di ADR prima di adire un tribunale è un obiettivo legittimo della legislazione italiana, e che è nell’interesse generale che le parti perseguano modi di risoluzione delle proprie dispute meno costosi e che si riducano i costi dei procedimenti giudiziari.

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