Modifiche Legge Pinto

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Recenti modifiche alla Legge Pinto promettono tempi più brevi per gli indennizzi da irragionevole durata del processo; individuati anche i limiti per la quantificazione delle somme.

Ogni cittadino che sia stato interessato da un processo durato in modo “irragionevole” può ottenere unindennizzo dallo Stato. Il procedimento è quello previsto e disegnato dalla cosiddetta “Legge Pinto”. La richiesta di indennizzo va fatta al Ministero della Giustizia o al Ministero della Difesa o a quello dell’Economia e delle Finanze [1].

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C’è un’ironia di fondo in tutto questo meccanismo. La procedura, volta a garantire ai cittadini italiani il risarcimento in caso di processi troppo lunghi, è stata criticata per essere essa stessa troppo lunga. Tant’è che, nell’aprile 2010, l’Italia subì una condanna da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che peraltro impose al nostro Stato di integrare gli indennizzi, poiché ritenuti troppo bassi.

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Da pochi mesi, la legge Pinto è stata riformata [2]. Ora i tempi per il riconoscimento dell’indennizzo per irragionevole durata del processo sono più brevi, ma più bassi sono gli indennizzi.

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Il termine ragionevole

Quando può dirsi che un processo ha superato una durata ragionevole e quindi si può chiedere il risarcimento?

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Si può considerare che un processo abbia avuto una durata ragionevole solo se si conclude in modo definitivo entro massimo sei anni [3] con 3 anni per il primo grado, 2 per l’appello e 1 per la Cassazione.

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L’indennizzo non può essere riconosciuto al soggetto che non è stato vittorioso nel processo, anche se di durata irragionevole, e che in questo è stato condannato per aver resistito pur sapendo di non avere ragione [4].

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Procedimento

La richiesta d’indennizzo per irragionevole durata del processo si presenta con ricorso al Giudice competente della Corte di Appello [5]. La richiesta può essere proposta entro sei mesi dalla conclusione definitiva del processo [6]. La Corte di Appello deve decidere sulla richiesta d’indennizzo entro trenta giorni dal deposito.

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a – Se è riconosciuto l’indennizzo

Se la Corte di Appello accoglie la richiesta d’indennizzo, l’avvocato deve velocemente comunicare la decisione al Ministero. La comunicazione al Ministero va fatta entro trenta giorni dal deposito della decisione. Questo termine è molto importante. La decisione comunicata al Ministero oltre questo termine non ha alcun effetto nei confronti dell’amministrazione. Questo significa che il cittadino non potrà più pretendere dal Ministero il pagamento dell’indennizzo.

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b – Se non è riconosciuto l’indennizzo

Se la Corte di Appello respinge in tutto o in parte la richiesta d’indennizzo, è possibile opporsi a questa decisione. La procedura di opposizione deve essere attivata entro trenta giorni dal momento in cui il cittadino è a conoscenza della decisione. In questo caso, la Corte di Appello decide sull’opposizione entro quattro mesi [7].

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L’indennizzo

Il Giudice, nel quantificare l’indennizzo, deve attribuire una somma, non inferiore a 500 euro e non superiore a 1.500 euro, per ciascun anno, o frazione di anno superiore a sei mesi, che eccede la durata ragionevole del processo. Il Giudice decide la somma da riconoscere come indennizzo valutando vari elementi. Gli elementi che il Giudice considera per la determinazione dell’indennizzo sono elencati dal nuovo art. 2 bis della L. 24 marzo 2001 n. 89 [8].

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Sanzioni

Se la richiesta d’indennizzo non è accolta, il soggetto che ha proposto il ricorso può essere condannato al pagamento di una somma non inferiore a 1.000 euro e non superiore a 10.000 euro.

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IN PRATICA

Si può ottenere l’indennizzo per processi durati più di sei anni, con un ricorso presentato in Corte di Appello entro 6 mesi dalla conclusione del processo. La Corte si pronuncia entro 30 giorni dal deposito.

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Prima di richiedere l’indennizzo è opportuno valutare bene se ci sono le possibilità di un buon esito, per non incorrere in sanzioni.

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