Competenza territoriale

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Competenza territoriale degli organismi di mediazione: problematiche applicative
Mario Tocci Avvocato, docente nella L.U.de.S. di Lugano, coordinatore scientifico Forum Nazionale dei Mediatori e degli Organismi di Mediazione 09 settembre 2013
da Il SOle 24 Ore

Il Decreto Legislativo 28/2010, nella sua release originaria, nulla affermava in proposito di competenza territoriale degli organismi di mediazione civile e commerciale.

Parimenti, nessuna previsione specifica era contenuta nel Decreto Ministeriale 180/2010, attuativo del Decreto Legislativo testé citato.

Nel silenzio del Legislatore, dunque, era da condividere quell’orientamento dottrinario secondo il quale la competenza territoriale dell’organismo di mediazione chiamato a tentare di dirimere una controversia civilistica si radicasse in ragione della scelta del contendente instauratore del procedimento mediatizio pregiudiziale e, conseguentemente, mercé applicazione incondizionata ed arbitraria del criterio processuale di prevenzione.

 

Mediazione civile e commerciale

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La Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, nel parere approvato in data 20 gennaio 2010, si era orientata nel senso di suggerire l’elaborazione di una norma che fissasse la competenza ratione loci dell’organismo de quo onde farla coincidere con l’ambito territoriale del distretto di Corte d’Appello annoverante il circondario del Tribunale che sarebbe stato competente a conoscere della causa di merito.

La Commissione Giustizia del Senato della Repubblica, nel parere approvato in data 27 gennaio 2010, aveva proposto di disporre che la competenza ratione loci dell’organismo de quo fosse fissata principalmente nell’ambito territoriale del circondario del Tribunale che sarebbe stato competente a conoscere della causa di merito ovvero, subordinatamente per l’ipotesi di mancanza in quel territorio di organismi di mediazione, nell’ambito territoriale del distretto di Corte d’Appello annoverante il circondario del Tribunale che sarebbe stato competente a conoscere della causa di merito, salva comunque restante la facoltà dei litiganti di derogare concordemente alla norma regolatrice all’uopo.

Lo stesso Consiglio Superiore della Magistratura, con parere approvato dalla sesta commissione in data 04 febbraio 2010, aveva assunto una posizione parecchio critica sulla mancata previsione nel Decreto Legislativo 28/2010 di una norma in ordine alla competenza territoriale degli organismi di mediazione.

Il Legislatore aveva tuttavia prescelto di lasciare priva di disciplina la competenza territoriale degli organismi di mediazione.

Nella Relazione di accompagnamento al Decreto Legislativo 28/2010 è dato leggere che “deliberatamente non si stabilisce un criterio di competenza in senso proprio, così da evitare una impropria giurisdizionalizzazione della sequenza procedimentale”, indi per sfuggire a “contrasti interpretativi” e consentire ai litiganti “di investire concordemente o singolarmente, l’organismo ritenuto più affidabile”.

La Relazione:

·         soggiunge che “coinvolgendo di norma il complessivo rapporto tra le parti, la mediazione può avere un oggetto non necessariamente corrispondente ad una lite giudiziaria, così da includere potenzialmente più cause suscettibili di diverse competenze, tanto più che lo stesso bene della vita è spesso suscettibile di più domande (accertamento, adempimento, costitutive) anch’esse corrispondenti a plurime competenze”, non potendo rimanere indifferente che, a contrario, sarebbe stato alquanto difficoltoso “risolvere i conflitti di competenza tra organismi di mediazione, a meno di non voler demandare la valutazione della competenza al giudice dell’eventuale causa di merito”, purché da questo fosse stata ritenuta “la lite davanti a sé corrispondente alla mediazione svolta”.

·         precisa che “nei casi di condizione di procedibilità, non essendo esperibile neanche il regolamento di competenza, la determinazione di criteri di competenza avrebbe potuto determinare il regresso della causa in ragione di un’eventuale decisione difforme della Cassazione in sede di legittimità, con evidente lesione del principio, costituzionalmente sancito, della ragionevole durata del processo”.

La mancata introduzione, nell’ambito della disciplina normativa sulla mediazione civile e commerciale, di una precisa regolamentazione dei criteri di competenza territoriale degli organismi procedurali rischiava di dar vita – e molte volte ha dato vita – a situazioni di squilibrio tra le parti in lite a favore del contendente economicamente più forte: in buona sostanza il litigante più facoltoso aveva la possibilità di adire l’organismo di mediazione geograficamente più distante rispetto al luogo di residenza della propria controparte economicamente meno provveduta, de facto costringendo quest’ultima a desistere dalla partecipazione alla procedura mediatizia.

creare alcuni problemi pragmatici, rispetto a cui appare necessario individuare e suggerire validi rimedi risolutivi.

D’altronde, non v’era alcuna possibilità di applicare analogicamente alla mediazione i generali criteri processuali di competenza per territorio: infatti non sussisteva lacuna legis, condizione essenziale per ricorrere all’analogia (in quanto volutamente il Legislatore aveva omesso di dettare criteri di competenza territoriale per il procedimento di mediazione) e mancava l’eadem ratio tra il procedimento mediatizio e quello giurisdizionale.

Nell’assetto normativo attuale dell’istituto della mediazione civile e commerciale, per come delineato dal cosiddetto “Decreto del Fare”, è prevista la competenza territoriale di uno – a scelta dell’istante, in omaggio al mantenuto processualmente mutuato criterio della prevenzione – degli organismi di mediazione avente sede nel luogo del giudice territorialmente competente per il corrispondente giudizio.

Nuove problematiche applicative si manifesteranno nell’immediato futuro.

Anzitutto, ictu oculi, va rilevato come non sia semplice l’individuazione dell’organismo di mediazione territorialmente competente.

In disparte quella per materia, è noto che la competenza del giudice si snoda attraverso due criteri: valore e territorio.

A seconda del valore della controversia, in uno stesso comune può sussistere la competenza di due giudici differenti (giudice di pace e tribunale).

Il territorio – quanto all’organizzazione giudiziaria – è infatti distinto in mandamenti (afferenti agli uffici del giudice di pace), circoscrizioni o circondari (afferenti ai tribunali) e distretti (afferenti alle corti d’appello).

 

Sicché, allorquando fa riferimento al luogo generaliter, il Legislatore non chiarisce se si riferisca al mandamento ovvero alla circoscrizione ovvero al distretto.

 

Un’interpretazione di buon senso potrebbe essere quella secondo cui la competenza territoriale appartiene a ogni organismo di mediazione ubicato, a seconda del valore della lite, nel mandamento ovvero nel circondario giudiziario di riferimento della controversia; con la logica conseguenza della competenza sussidiaria dell’organismo avente sede nel circondario che annoveri il mandamento di riferimento della controversia in caso di inesistenza di organismi di mediazione nell’ambito del mandamento medesimo.

V’è di più.

 

Non è chiaro se il Legislatore abbia inteso riferirsi alla sede legale ovvero ad una qualsiasi sede, purché ufficialmente registrata come tale, dell’organismo di mediazione: probabilmente è da prescegliere la seconda opzione.

La norma sulla competenza territoriale degli organismi di mediazione va letta anche alla luce delle conseguenze della sua ipotetica violazione in ordine al soddisfacimento della condizione di procedibilità dell’azione giurisdizionale nelle vertenze soggette a mediazione pregiudiziale obbligatoria.

A parere di chi scrive, non desta problemi.

Orbene, a parere di chi scrive, nulla quaestio in caso di esito positivo ovvero negativo per mancata conciliazione della mediazione: soccorre il disposto dell’articolo 28 del Codice di Procedura Civile, a cui mente le regole sulla competenza territoriale possono essere derogate dalle parti in lite.

Il problema sorgerebbe qualora l’esito della mediazione sia negativo per mancata partecipazione della parte invitata e si apra la strada all’adizione del giudice: in tale ipotesi, infatti, l’autorità giudiziaria non potrà ritenere soddisfatta la condizione di procedibilità, con ogni consequenziale statuizione.

Da ultimo, va rimarcata la configurabilità di responsabilità civile a carico degli organismi di mediazione e dei mediatori che, rilevata una propria incompetenza territoriale, non abbiano informato le parti in lite della potenziale inefficacia della procedura mediatizia ai fini della procedibilità dell’eventuale successiva azione giurisdizionale.

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